La sua prima apparizione pubblica risale significativamente a una serie d’immagini di Sébastien Mazière, ma Claire Cosnefroy non è una mannequin, è invece una delle musiciste più interessanti e che Chorus una Costellazione segue più volentieri nella giovane scena pop francese (http://www.myspace.com/lafiancee). Prepara in questo momento per le edizioni Strictly confidential, sotto il nome di La Fiancée e con dei collaboratori d’eccezione, il suo primo album del quale abbiamo avuto la possibilità di ascoltare già alcuni pezzi ( e sul quale ritorneremo al momento dell’uscita). Con grande talento lavora anche nel mondo della moda come stylist (in questo momento per il giornale Elle France) La sua presenza ci è sembrata particolarmente importante nel quadro dell’omaggio che la nostra rivista rende all’opera di Sébastien Mazière. L’abbiamo così intervistata.
Chorus una costellazione :
Come ha conosciuto Sébastien Mazière?
La Fiancée :
Ho incontrato Sebastien nel maggio 2007 attraverso degli amici che avevamo in comune.
All'epoca cercava dei modelli per un ciclo di fotografie ispirate dagli anni 50 e 60. Aveva visto una mia foto, gli è piaciuta e mi ha contattata: mi ha spedito una e-mail molto gentile in cui mi presentava il suo progetto proponendomi di lavorarci insieme.
Ci siamo parlati diverse volte per telefono e ci siamo dati molto presto appuntamento (eravamo entrambi d'accordo sul fatto che un buon progetto è un progetto che si fa rapidamente, nell'immediatezza, e che le cose devono andare così quando due volontà si accordano perfettamente)
Così ci siamo incontrati all'incrocio dell'avenue Ledru Rollin e del boulevard de Charonne, nell'11° arrondissement, non troppo lontano da dove abitava ; i luoghi che voleva fotografare si trovavano lì vicino.
Non l'avevo mai visto e l'ho riconosciuto subito, e ho saputo immediatamente che ci sarebbe stata una bella intesa. D'altronde è l'immagine di lui che mi ricordo meglio: lui che viene sorridente verso di me con il suo cappellino e la sua camicia hawaiana.
Ho incontrato Sebastien nel maggio 2007 attraverso degli amici che avevamo in comune.
All'epoca cercava dei modelli per un ciclo di fotografie ispirate dagli anni 50 e 60. Aveva visto una mia foto, gli è piaciuta e mi ha contattata: mi ha spedito una e-mail molto gentile in cui mi presentava il suo progetto proponendomi di lavorarci insieme.
Ci siamo parlati diverse volte per telefono e ci siamo dati molto presto appuntamento (eravamo entrambi d'accordo sul fatto che un buon progetto è un progetto che si fa rapidamente, nell'immediatezza, e che le cose devono andare così quando due volontà si accordano perfettamente)
Così ci siamo incontrati all'incrocio dell'avenue Ledru Rollin e del boulevard de Charonne, nell'11° arrondissement, non troppo lontano da dove abitava ; i luoghi che voleva fotografare si trovavano lì vicino.
Non l'avevo mai visto e l'ho riconosciuto subito, e ho saputo immediatamente che ci sarebbe stata una bella intesa. D'altronde è l'immagine di lui che mi ricordo meglio: lui che viene sorridente verso di me con il suo cappellino e la sua camicia hawaiana.
E' stato facile per Sébastien convincerla a partecipare al suo progetto? Esitava? E lui?
Lavorando io stessa in effetti nell'immagine ma piuttosto dietro all'obiettivo, l'idea di invertire i ruoli mi ha sedotta immediatamente, Perché mi permetteva di capire un po' meglio il mio mestiere.
Tuttavia ero molto intimidita, perché so bene quanto è difficile talvolta e assolutamente anodino lasciarsi guardare in questo modo da qualcuno: è qualcosa di molto intimo. Ma non so, mi sono immediatamente fidata di lui e avevo voglia di oltrepassare questo ritegno che c'era in me. Mi ha aiutata e quest'esperienza, rimasta unica, è stata davvero singolare per me.
Non bastasse questo, ho subito amato il suo lavoro e la dolcezza che se ne sprigionava, che si accordava perfettamente anche al mio progetto musicale. E ci siamo velocemente intesi sul fatto che avrei potuto usare delle immagini per quest'ultimo.
La bellezza delle foto che avete fatto insieme così alimenta in chi le osserva una gioia.
Che cosa amava del suo modo di fotografare, prima ancora di lavorare con lui? Riesce a parlarcene?
Quel che ho amato più di ogni altra cosa, è che Sébastien sapeva che fotografare delle persone e delle mannequins sono cose radicalmente diverse. Una mannequin impara a posare e a farsi strumento di un fotografo.
Sébastien cercava, credo, d'essere un traduttore d'anime in immagini, cercava, mi sembra, di essere come un filtro, di trovare nei suoi modelli questa dolcezza che l'abitava.
Invece di chiedergli di muoversi, il che sarebbe stato poco confortevole per loro, imbarazzante perché posare non è cosa innata, Sébastien sapeva girare intorno a loro, sino a trovare l'angolo giusto, il momento di grazia al quale aspirava, il vento tra i capelli, lo sguardo lontano... Ciò ha molto contribuito a mettermi a mio agio, non avendo nient'altro da fare se non esser me stessa.
Mi è piaciuto che cercasse intorno a me le sue immagini, poiché ciò traduceva per me un rimettersi in questione da parte sua, l'espressione di un'autentica azione, il fatto che non considerasse che tutto dovesse venire dagli altri.
D'altra parte, Sébastien proprio impreziosiva i suoi modelli. Contrariamente a un orientamento dei fotografi attuali, il suo fine non era di raccogliere delle istantanee talvolta molto crude. cercava qualcosa di più universale, di più sensibile, tanto nelle pose quanto nei colori, qualcosa di intemporale, senza nemmeno essere nella riproduzione di immagini viste mille volte.
Sébastien non era un passatista, ma portava in sé questa nostalgia e questa voglia di bellezza e d'assoluto. Il suo lavoro esprime un ritegno, un rispetto e una dolcezza che poteva talvolta meravigliare: quelli che lo conoscono si ricordano senza dubbio della sua risata tonante e delle sue animatissime conversazioni, il massimo di parole possibili nel minimo tempo possibile, come se corresse dietro al tempo. Il tempo è un elemento maggiore nel suo lavoro.
Mentre scattava, Sébastien e io parlavamo. Dava l'impressione di tenere a che tutto accadesse nel modo più rilassato possibile, a che mi sentissi bene, il che ai suoi occhi era una condizione sine qua non per raggiungere quel che voleva venisse fuori da me.
L'ho lasciato fare dall'inizio alla fine, accontentandomi di immobilizzarmi quando otteneva qualche cosa, nel tentativo d’essere il più possibile vicino a me. Sapevo che il miglior modo di ottenere un lavoro di qualità era di affidarmi completamente a lui, non avendo alcuna esperienza in questo campo. Mi è sempre piaciuto lavorare in équipe e noi per un'ora ne formavamo una: mi è piaciuto che le nostre volontà e i nostri sforzi fossero rivolti verso lo stesso e solo fine.
Restavamo in ogni posto più o meno un quarto d'ora, scattava molto e con grande velocità, e sapeva rapidamente se stava ottenendo ciò che stava cercando oppure no. Mi ha molto incoraggiata, il che mi ha molto aiutata a rassicurarmi e a sentire quel che cercava; tutto ciò mi ha portato a dare ancor di più e a cercare con lui ancora più lontano, a proporre delle cose: tutto era possibile, mi sentivo completamente libera, il che era veramente piacevole per una prima esperienza.
Non bisogna dimenticare che lasciarsi guardare così a lungo da uno sconosciuto è molto strano, e da lì a lasciarsi catturare...
Quanto ai luoghi, li aveva scelti lui stesso prima, nel suo quartiere, una zona che ha conservato alcune vecchie facciate. Abbiamo seguito allora una sorta di percorso prima di trovare per caso lungo la strada la due cavalli davanti alla quale abbiamo cominciato a scattare delle foto.
Il proprietario, un vecchio signore, era seduto alla terrazza di un caffè, proprio accanto. E' venuto a parlarci per qualche minuto e sedotto dalla gentilezza di Sébastien ci ha persino aperto la macchina perché potessimo continuare a scattare anche all'interno!
Mi aveva poi lasciata libera di scegliere gli abiti purché si adattassero con sensibilità al senso del progetto.
Lavorando io stessa in effetti nell'immagine ma piuttosto dietro all'obiettivo, l'idea di invertire i ruoli mi ha sedotta immediatamente, Perché mi permetteva di capire un po' meglio il mio mestiere.
Tuttavia ero molto intimidita, perché so bene quanto è difficile talvolta e assolutamente anodino lasciarsi guardare in questo modo da qualcuno: è qualcosa di molto intimo. Ma non so, mi sono immediatamente fidata di lui e avevo voglia di oltrepassare questo ritegno che c'era in me. Mi ha aiutata e quest'esperienza, rimasta unica, è stata davvero singolare per me.
Non bastasse questo, ho subito amato il suo lavoro e la dolcezza che se ne sprigionava, che si accordava perfettamente anche al mio progetto musicale. E ci siamo velocemente intesi sul fatto che avrei potuto usare delle immagini per quest'ultimo.
La bellezza delle foto che avete fatto insieme così alimenta in chi le osserva una gioia.
Che cosa amava del suo modo di fotografare, prima ancora di lavorare con lui? Riesce a parlarcene?
Quel che ho amato più di ogni altra cosa, è che Sébastien sapeva che fotografare delle persone e delle mannequins sono cose radicalmente diverse. Una mannequin impara a posare e a farsi strumento di un fotografo.
Sébastien cercava, credo, d'essere un traduttore d'anime in immagini, cercava, mi sembra, di essere come un filtro, di trovare nei suoi modelli questa dolcezza che l'abitava.
Invece di chiedergli di muoversi, il che sarebbe stato poco confortevole per loro, imbarazzante perché posare non è cosa innata, Sébastien sapeva girare intorno a loro, sino a trovare l'angolo giusto, il momento di grazia al quale aspirava, il vento tra i capelli, lo sguardo lontano... Ciò ha molto contribuito a mettermi a mio agio, non avendo nient'altro da fare se non esser me stessa.
Mi è piaciuto che cercasse intorno a me le sue immagini, poiché ciò traduceva per me un rimettersi in questione da parte sua, l'espressione di un'autentica azione, il fatto che non considerasse che tutto dovesse venire dagli altri.
D'altra parte, Sébastien proprio impreziosiva i suoi modelli. Contrariamente a un orientamento dei fotografi attuali, il suo fine non era di raccogliere delle istantanee talvolta molto crude. cercava qualcosa di più universale, di più sensibile, tanto nelle pose quanto nei colori, qualcosa di intemporale, senza nemmeno essere nella riproduzione di immagini viste mille volte.
Sébastien non era un passatista, ma portava in sé questa nostalgia e questa voglia di bellezza e d'assoluto. Il suo lavoro esprime un ritegno, un rispetto e una dolcezza che poteva talvolta meravigliare: quelli che lo conoscono si ricordano senza dubbio della sua risata tonante e delle sue animatissime conversazioni, il massimo di parole possibili nel minimo tempo possibile, come se corresse dietro al tempo. Il tempo è un elemento maggiore nel suo lavoro.
Passiamo adesso alla descrizione dell'atto fotografico. Silenzio? Parole? Aveva la sensazione che quando era contento di quel che percepiva attraverso l'obiettivo si vedesse? Come riusciva a far sì che fosse così , nelle fotografie? Nel caso delle immagini che avete fatto insieme chi aveva scelto lo spazio? E come? C'è stato bisogno di aspettare a lungo prima di trovare un luogo?
Mentre scattava, Sébastien e io parlavamo. Dava l'impressione di tenere a che tutto accadesse nel modo più rilassato possibile, a che mi sentissi bene, il che ai suoi occhi era una condizione sine qua non per raggiungere quel che voleva venisse fuori da me.
L'ho lasciato fare dall'inizio alla fine, accontentandomi di immobilizzarmi quando otteneva qualche cosa, nel tentativo d’essere il più possibile vicino a me. Sapevo che il miglior modo di ottenere un lavoro di qualità era di affidarmi completamente a lui, non avendo alcuna esperienza in questo campo. Mi è sempre piaciuto lavorare in équipe e noi per un'ora ne formavamo una: mi è piaciuto che le nostre volontà e i nostri sforzi fossero rivolti verso lo stesso e solo fine.
Restavamo in ogni posto più o meno un quarto d'ora, scattava molto e con grande velocità, e sapeva rapidamente se stava ottenendo ciò che stava cercando oppure no. Mi ha molto incoraggiata, il che mi ha molto aiutata a rassicurarmi e a sentire quel che cercava; tutto ciò mi ha portato a dare ancor di più e a cercare con lui ancora più lontano, a proporre delle cose: tutto era possibile, mi sentivo completamente libera, il che era veramente piacevole per una prima esperienza.
Non bisogna dimenticare che lasciarsi guardare così a lungo da uno sconosciuto è molto strano, e da lì a lasciarsi catturare...
Quanto ai luoghi, li aveva scelti lui stesso prima, nel suo quartiere, una zona che ha conservato alcune vecchie facciate. Abbiamo seguito allora una sorta di percorso prima di trovare per caso lungo la strada la due cavalli davanti alla quale abbiamo cominciato a scattare delle foto.
Il proprietario, un vecchio signore, era seduto alla terrazza di un caffè, proprio accanto. E' venuto a parlarci per qualche minuto e sedotto dalla gentilezza di Sébastien ci ha persino aperto la macchina perché potessimo continuare a scattare anche all'interno!
Mi aveva poi lasciata libera di scegliere gli abiti purché si adattassero con sensibilità al senso del progetto.
Che importanza accordava Sébastien, mentre lavorava con lei alle luci, alla composizione, alla forma?
Un fotografo ovviamente non fa mai le proprie foto a caso; Sébastien cercava in effetti un'inquadratura, una luce che lo interessassero. Ma non mi sembra che questa fosse per lui un'ossessione: è il soggetto che lo interessava prima di tutto.
Il suo lavoro riposava detto questo su una importante parte di post-produzione: ritoccava molto i colori e le luci per ottenere questa specie di velo d'anni che rende le immagini così particolari e così riconoscibili.
E poi c'è questa sensazione che abbiamo spesso davanti alle sue immagini che proviene dal suo saper concretizzare da pochissimi elementi, da quasi nulla la presenza umana, femminile in particolare. Saper dire la persona, da un vestito, da un dettaglio, senza quasi che la si veda... Meraviglioso, no?
Senza che sia per forza il caso delle immagini che Sébastien ha fatto con me , è vero che ha realizzato un lavoro straordinario sulla donna a partire da elementi di una semplicità estrema: la pelle, i capelli e la loro incredibile sensualità, le pieghe e le trasparenze degli abiti, come le zone del corpo che non sono spesso esposte, la nuca, le gambe... Sébastien sapeva ricreare dei microuniversi terribilmente sensuali e intimi, tra una guancia e una spalla, in uno scendere di scale, la dolcezza dei colori... E' uno dei punti di forza del suo lavoro, ed è veramente molto piacevole per una donna esser guardata da uno sguardo d'uomo così.
Ha avuto la fortuna di frequentare Sébastien, può parlarci del suo amore per l'arte che scaturisce così profondamente - per noi che non l'abbiamo incontrato - dalle sue fotografie?
Sfortunatamente non ho conosciuto Sébastien come certi hanno potuto fare. Però mi ricordo della foga che lo infiammava quando evocava certi film e la musica, che occupava una parte così importante della sua vita.
Nei ritratti di Sébastien , anche nei più solitari o nei più tristi c'è sempre, ci sembra, un'energia che scaturisce dall'interno, una sorta di fiducia infinita in quel che capitava sotto i suoi occhi. Ci è capitato di evocare a questo proposito persino la parola ottimismo, oggi così dolorosa. Ci siamo ingannati a suo avviso o lei aveva la stessa sensazione davanti alle sue fotografie?
E' sempre estremamente delicato fare astrazione dagli eventi e dallo sguardo nuovo che inducono a portare sulle opere...
Tuttavia anche se vedo in certe immagini di Sébastien dei rimpianti e della nostalgia, è vero che sotto quest'immobilità, talvolta queste maschere, quelle donne sono soprattutto vive e presenti.
Riesce a ricostruire per noi quali siano stati i suoi sentimenti quando ha potuto vedere il lavoro finito che era riuscito a fare con lei? Stupore? Felicità? Meraviglia?
Sono rimasta incantata e molto meravigliata... Non mi ero mai vista così. Ho persino pensato di non essere io... Se ne sprigiona una dolcezza che sapevo essere mia interiormente ma che non mostro che rarissimamente, questa fragilità che si preferisce spesso conservare per sé in un mondo in cui ci si attende spesso da noi che si sia come soldati... Ho visto una grazia che lui ha saputo captare. Per me è stato molto commovente prendere coscienza del fatto che è così che Sébastien mi vedeva.
E anche quando non aveva la macchina fotografica, capitava di sentire che cercasse qualcosa guardandoti,che andasse più lontano, a cercare negli occhi... Poteva essere destabilizzante.
Questo ci ricorda che un ritratto è sempre una delle più straordinarie collaborazioni che esistano nell'arte. Questa condivisione che si crea tra l'artista e il suo modello permane stupefacente. Realizzare una bella immagine non dipende mai dal solo fotografo. Che rapporto ha adesso con le fotografie che Sébastien le ha fatto?
Gli sono infinitamente riconoscente di avermi dato l'occasione di fare con lui questa nuova esperienza e di scoprirmi in quella maniera, di avermi permesso di oltrepassare una paura molto profonda nei confronti dello sguardo degli altri.
Gli sono infinitamente grata di avermi invitata nel suo mondo e in quello delle sue donne. Non le conoscevo tutte, ma talvolta ho avuto l'impressione che essere state guardate dallo stesso uomo ci ha, in un certo senso, legate l'una all'altra. Mi sono sentita molto onorata del fatto che mi avesse scelta e davvero rapita all'idea d'aver potuto aiutarlo a portare a termine uno dei suoi progetti.
E devo aggiungere che le sue immagini mi hanno aiutata (anche se non lo sa sfortunatamente) a ricostruirmi in un periodo difficile della mia vita: scoprire che qualcuno potesse scorgere e svelare tutte queste cose in me e vedermi in questo modo mi ha ridato fiducia in me stessa.
Non lo ringrazierò mai abbastanza.
Anche noi la ringraziamo d'essersi prestata con franchezza e dolcezza a questa breve intervista.
intervista raccolta da Dide per Chorus una costellazione
settembre 2008
settembre 2008
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